Open AI si prende la sua bella fetta del mondo dell’informazione e delle news. Mentre lotta contro la scalata di Musk, ecco cosa succede.
Il futuro delle notizie appare allo stesso tempo incerto e pieno di nuove possibilità. Che le cose stiano cambiando con l’irruzione dell’intelligenza artificiale (di I.A. abbiamo già parlato qui) è chiaro soprattutto dallo scorso 14 febbraio.
Il giorno di San Valentino, infatti, è sbocciata una nuova, inaspettata liaison: quella tra il colosso delle news, lo storico The Guardian, e il gigante dell’IA, Open AI.
Cosa c’è dietro la decisione dell’editore (che oltre al The Guardian possiede un altro pilastro come il The Observer) e cosa ne trarrà? Qual è la vera natura di questo accordo?
Open AI & The Guardian: un nuovo futuro per l’informazione?
Ricostruiamo i fatti. Open Ai rappresenta ancora la prima e più importante azienda nel campo dell’intelligenza artificiale. Il suo strumento di punta, ChatGpt, ha conosciuto un’evoluzione incredibile. In pratica, un sistema che è in grado di rispondere a dei precisi prompt, effettuando ricerche di fonti in rete in maniera autonoma. Il risultato finale è la produzione di un testo che è in grado di incrociare con precisione sconcertante le richieste di chi lo guida con le notizie e le informazioni più pertinenti trovate e selezionate dall’I.A.
ChatGpt è entrata ormai in tantissimi aspetti della nostra vita, sia nella quotidianità che nel lavoro.
Creare una mail, un testo motivazionale o una lettera di presentazione, così come redigere tesine, report o formulare editoriali, sono solo alcune delle attività possibili (un interessante “stato dell’arte” in merito è qui). Insomma, le risorse di Open AI svolgono alla velocità della luce il lavoro di un team di redattori (o di un solo redattore), basando la propria intelligenza sulle fonti che reperiscono e scelgono in rete. Ed ecco che entra in gioco il The Guardian.
Perché un giornale storico, che qualcuno potrebbe definire parte del “vecchio mondo”, dovrebbe volersi accordare con chi ne sta determinando inesorabilmente l’obsolescenza? Istinto di sopravvivenza? Forse è più un mutuo scambio. Se la stampa non sopravvive senza una solida presenza online, come si addestrerebbero gli algoritmi, senza notizie cui attingere? L’adagio per cui “nessuno nasce imparato”, vale ancora di più per un artefatto umano. Anche in medicina e chirurgia, dove l’IA è alla base di tanti strumenti (se ne parla qui), tutto parte dall’apprendimento (prompt scritti dal personale, schede di anamnesi etc…).
Un mutuo scambio per la sopravvivenza
Open AI sta mettendo in campo tutte le mosse possibili per evolversi prima di essere fagocitato. Secondo il Financial Times, sarebbe in atto un cambio della governance per trasformare il colosso dell’intelligenza artificiale in società a scopo di lucro. Intanto, l’amministratore delegato Sam Altman rifiuta l’offerta di acquisizione per ben 97 miliardi di dollari da parte di Elon Musk, e crea un sistema di diritti di voto speciali per proteggersi da acquisizioni non concordate.
Proprio nel momento in cui accade tutto questo, il mondo dell’editoria e dell’informazione lotta anch’esso di sopravvivere.
Lo fa cercando di proteggere i lettori dalle fake news e difendendo il diritto d’autore da un uso non regolamentato dell’intelligenza artificiale. L’attacco che subisce il mondo delle news è triplice: gli strumenti IA in grado di produrre false notizie, quelli che rischiano di spodestare il lavoro di un giornalista in carne ed ossa, magari rielaborando fonti “umane” prese senza autorizzazione.
Eccoci quindi a metà strada tra due diritti alla sopravvivenza. Là dove Open AI e il The Guardian si tendono la mano per non essere travolti dalla mareggiata. Il primo, in sostanza, concederà la più avanzata ChatGpt Enterprise al secondo, in cambio dell’utilizzo dei suoi articoli come fonti per l’intelligenza artificiale. Questo, consentirà poi al The Guardian di sviluppare nuovi strumenti digitali e far evolvere la propria offerta.
Open AI porta ChatGpt nella redazione del The Guardian. Il giornalismo ha ancora bisogno di giornalisti?
Quali saranno i nuovi strumenti e come cambierà l’offerta al pubblico del The Guardian grazie ad Open AI, ancora non è dato saperlo. Avere la versione avanzata di ChatGpt a disposizione di una delle più grandi testate giornalistiche del mondo, pone delle ovvie domande.
Ci saranno ancora giornalisti dietro le scrivanie? Chi fa da sempre questo mestiere si dovrà adattare a diventare un addestratore di IA, con la concreta possibilità di passare da un posto all’altro una volta terminata la mission? Non conterà più lo spirito critico di chi scrive, di qualcuno che sia in grado di far arrivare anche la propria umanità nel mondo di raccontare una notizia? Si preferirà programmare un certo tono di voce da far mettere nero su bianco all’IA? Che ne sarà del concetto di editoriale, che ha il coraggio di dar vita a scambi di opinione e dibattiti, e della ricerca sul campo da cui tutto comincia?
Siamo certi di una cosa, che il cambiamento sia inevitabile. Non solo non è possibile evitarlo, ma va addirittura accolto senza paura. Quali che siano state le ragioni economiche o commerciali del The Guardian, sappiamo che l’intelligenza artificiale riproduce e crea per imitazione di quello che impara. Questo significa che chi vi sta scrivendo, non sarà mai demandato ad affidarsi al 100% agli strumenti di Open AI.
D’altro canto, bisogna avere doti di scrittura (in primis, chiarezza, sintesi e proprietà di linguaggio) anche solo per creare prompt esaustivi per l’addestramento dell’IA.
Non avrete mai un articolo sul mondo delle agenzie di comunicazione, sugli strumenti di Google o sul marketing sanitario scritti da un robot. La macchina sarà sicuramente utile, di volta in volta, ad accelerare e facilitare la ricerca delle fonti. Così come sarà sempre estremamente preziosa per newsletter o brevi testi di carattere più ordinario. Questo servirà a chi come me ha scelto di dare spazio a questo tema, oggi, per avere ancora più tempo e attenzione da dedicare ad articoli veri, domani.
E se il mio, il nostro lavoro di redazione è possibile innanzitutto grazie a chi è sul campo per produrre le prime notizie d’agenzia, state certi che anche il lavoro di questi ultimi non sarà sostituibile. Il punto, infatti, non è mai stato veramente la paura della sostituzione, ma la capacità di comprendere il cambiamento. Cambiare non significa sradicare, come qualche imprenditore ancora si ostina a credere, ma saper unire il buono dello status quo con quello delle innovazioni. Equilibrio, nient’altro che equilibrio. A volerlo trovare…